dal Mondo
Il G20 Roma alza il sipario, “The Last20” risponde con le comunità a Santa Maria di Leuca
Il summit G20, sotto la presidenza dell’Italia, come calendarizzato dal 30 al 31 ottobre 2021, è iniziato. Roma è completamente blindata e paralizzata nella sua funzionalità ordinaria. Il più grande assente in questo evento è il progetto “The Last20”. L’iniziativa “The Last20” nasce da una visione eccezionale di un gruppo ristretto di pionieri illuminati, che ha pensato, sulla scia del suddetto summit a domicilio, di radunare le comunità dei paesi in sofferenza per via dei cambiamenti climatici, della fame e povertà, della miseria, della guerra… inizialmente chiamati paesi poveri, cammin facendo il linguaggio è cambiato, a seguito dell’intervento di Cinzia Scaffidi[1] (vedi tappa Last20 Roma), in “paesi impoveriti”, concetto che ammette quindi l’esistenza colpevole dell’opposto, ossia “paesi arricchiti”.
Dalla prima tappa Last20 Reggio Calabria capitanata e organizzata da Tonino Perna[2], le comunità coinvolte ne escono con un solo documento video registrato nella giusta direzione della missione che il progetto iniziale si proponeva: fare intendere la voce dei paesi impoveriti ai cosiddetti “grandi della terra” che, in effetti, sono gli arricchiti. Ricorderete l’appuntamento G20 di Napoli del 22 e 23 luglio scorso, dove l’ambizione del ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani si infrangeva contro lo zoccolo duro di cinque paesi implicati (tra cui Cina, India e Russia) diventando un accordo battezzato “vorrei ma non posso” con 57 articoli accolti su 60. Affossati gli unici tre articoli che garantivano una immediata volontà politica e presa di posizione sull’Ambiente, il clima e l’energia.
La riunione dei ministri dell’energia e dell’ambiente dei più paesi ricchi del mondo (la maggior parte dei quali arricchiti) aveva clamorosamente fallito nel trovare un accordo sulla decarbonizzazione entro il 2025 e sul contenere il cambiamento climatico sotto 1,5 gradi centigradi. Le comunità dei paesi impoveriti, su iniziativa della delegazione della Repubblica Democratica del Congo residente in Italia, prendeva posizione contro questo fiasco realizzando un video messaggio indirizzato ai G20. La risposta delle comunità metteva in evidenza il fatto che possiamo salvarci tutti, solo se siamo uniti e coordinati a favore della vita e della biodiversità e che i cambiamenti climatici sono in genere frutto dell’antropocene, generato dal prelievo eccessivo delle risorse naturali nei paesi impoveriti per mantenere il benessere dei paesi arricchiti.
Dove si è fermata la macchina The Last20 che doveva inviare il messaggio forte ai G20, che oggi sta pacificamente recitando il proprio monologo a Roma? Se uno dei target del progetto “The Last20” era fare ascoltare l’apppello delle comunità dei paesi impoveriti verso i G20, come mai non abbiamo nemmeno una lettera indirizzata ai potenti che hanno blindato Roma? Ci chiediamo cosa sia successo dopo lo slancio di Reggio Calabria, che non ha avuto seguito nelle successive tappe, a tal punto che continua ad avere al suo attivo la solo proposta video (di cui rivendichiamo la paternità) e il silenzio accomodante verso i potenti?
Dal punto di vista delle comunità dei paesi impoveriti, una tappa dopo l’altra, molto è stato fatto e riassumibile come segue:
- The Last20 la tappa Milano, egregiamente organizzata da Bruno Neri[3], ha realizzato un grande lavoro sui giovani verso la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta anche come COP26, programmata a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021.
- The Last20 nella sua tappa Abruzzo-Molise, guidata e organizzata da Dino Angelaccio[4], ha creato una rete dei giovani occidentali incredibilmente attenta alle problematiche dei paesi impoveriti. La dinamica riscontrata si riassume in una curiosità alla compressione dei meccanismi che condannano i vari paesi alla perenne povertà.
- The Last20 la tappa Roma, capitanata e organizzata da un determinato Domenico Rizzuto[5], anche se con uno sforzo immane ma riuscito, ha promosso un inquadramento verso la decolonizzazione dello sguardo e del linguaggio portati nei confronti dei paesi Last 20. In più la tappa romana di Last20 ha avuto il merito di analizzare l’advocacy da impostare nella dialettica nuova a disposizione dei paesi impoveriti. Nel calendario iniziale quest’ultima tappa sarebbe dovuta coincidere, giorno più giorno meno, con l’evento G20 attualmente in corso a Roma. L’attenta osservazione porta ad affermare che il progetto The Last20 abbia perso l’occasione per essere sotto lo stesso cielo romano, poco prima o concomitante – alla manifestazione G20 per sfruttare i riflettori che inquadrano i potenti della terra e fare passare il messaggio proveniente dalle comunità impoverite. Ecco perché era importante che la tappa Last20 Roma fosse fissata e mantenuta in questo preciso periodo.
Il G20, senza nessuna voce che richiami l’attenzione sulle vere vittime dei cambiamenti climatici e dell’estremo sfruttamento delle risorse naturali – rinnovabili o finite che siano – promette un gigantesco chermes o Kermes di promesse attorno ai danni ambientali, alla “soap-opera” sull’Afganistan ma soprattutto al progresso della grande “finanza ecologica”, l’ultimogenita del capitalismo e l’imprenditoria occidentale, di cui l’ambientalismo è padrino battesimale.
Ecco dove i temi di The last20 diventano fondamentali: mettere “l’uomo e la natura” al centro delle decisioni. Comunicare ai potenti della terra che questo sia l’unica cosa giusta da fare. Cambiare le auto alimentate con l’energia da fonti fossili con quelle elettriche, allo stesso tempo tagliare la foresta Equatoriale del Bacino del fiume Congo o l’Amazzonia e consentire che fossero consegnate alle pratiche incendiarie ad opera dei locali o delle multinazionali, è prenderci in giro. Così come deturpare il terremo con le trivellazioni e distruggere i cicli della natura estraendo i minerali preziosi, accentuando l’antropocene degli scavi a cielo aperto, sono pratiche devastatrici degli unici alleati disponibili alla stessa lotta contro i cambiamenti climatici, ossia la biodiversità.
L’iniziativa Last20 entra in una plurisecolare maratona di lotta che implica intere comunità dei continenti come l’Africa. La metamorfosi dell’antagonista che ha sempre cambiato forma e dimensione chiede ai maratoneti – si chiamino attivisti o difensori dei diritti umani – un grande temperamento e razionale gestione delle forze per arrivare fino in fondo alla corsa – magari mediante staffetta. Oggi ci sono nuovi fattori che entrano in gioco. Il mondo si rende conto che la barca sta affondando. Nonostante ciò, il capitalismo mette a disposizione enormi somme di denaro, accompagnate da strumenti tecnologici all’avanguardia e di spinta intelligenza artificiale per sviluppare ulteriori tecnologie nel nome della finanza ecologica. Gli ultimi sono sempre messi da parte e, dietro a questo schema, le comunità sono sempre collocabili nelle solite categorie: consumatori, clienti, aiutati, indebitati, terzo mondo, poveri.
Il lavoro da compiere è grande e il progetto The Last20 ha molto da dire nonostante G20 evolva senza una nota da parte delle comunità Last20. Come in ogni maratona che si rispetti, vi sono i punti di rifornimento lungo il percorso e l’odierno appuntamento G20 era uno di questi, dove The Last20, elemento di novità nella scacchiera dell’attivismo doveva dire la propria, nel tentativo di mescolare le carte con la presenza delle comunità Last.
La capacità di riconoscere questo fatto dovrebbe essere il punto di partenza della prossima tappa che non dovrebbe solo pensare ad un’ufficializzazione del marchio, specializzando individualmente le tappe nei vari temi, ma che dovrebbe costituire una visione unica, univoca ed armonica dove tendere per giungere ai precisi obiettivi. Come costituire una forza alternativa alla cooperazione internazionale così sfavorevole e irrisolutiva rispetto ai paesi Last20? Tra il dire e il fare, il progetto The Last20 ha molto da attuare.
Dire, come già evidenziato dalla delegazione della Repubblica Democratica del Congo residente in Italia, non si può parlare dei Last20 senza toccare i temi fondamentali come: la vendita di armi ed industria bellica, considerando sia il mercato ufficiale sia quello clandestino, che affliggono i paesi Last20 che mietono vittime tutti i giorni, il fenomeno del “land grabbing” che si accaparra delle terre arabili ed abitabili delle popolazioni Last20 che sono obbligati ad emigrare. Questo argomento va a braccetto con il water grabbing; la donna che nei passi Last20 è oggetto e bersaglio di guerra per agevolare la cancellazione di una civiltà, sottoponendo la donna a violenze sessuali, il sequestro delle ragazze già nella loro infanzia, fino all’eliminazione fisica; l’impunità; giustizia internazionale e Corte Penale Internazionale, che nei paesi Last20 lasciano a piede libero i colpevoli di massacri; il debito pubblico che tiene sotto sequestro le economie dei Last20 che potrebbero crescere in autonomia condannando alla dipendenza interi popoli e generazioni; ecc. Gli argomenti sopra sono a nostro avviso una condizione imprescindibile ad ogni speranza di contrasto ai cambiamenti climatici, alla sostenibilità ambientale, alle autonomie dei popoli, alla lotta contro l’immigrazione. Tuttavia, restano sempre fuori dalle priorità dei grandi della terra riuniti a Roma, interessati all’economia, alla finanza, alla supremazia mercatale legata al profitto e alla crescita in un mondo finito.
Fare – alla consapevolizzazione del mondo, ai tavoli di lavoro mediante conferenze o seminari deve seguire un attivismo tecnico che deve mettere in pratica determinati progetti atti a garantire l’autonomia economico-sociale e valorizzanti delle popolazioni dei paesi Last20. Premesso che questo compito non spetti prettamente alla organizzazione iniziatrice del progetto The Last20, le comunità implicate dovrebbero essere pronte a questo compito.
L’unità della coordinazione di The Last20 e una visione unitaria sui prossimi passi, anche alla luce dell’appuntamento G20 in corso a Roma, sono un imperativo per il successo che attendono le prossime edizioni, a cominciare dalla prossima tappa di Santa Maria di Leuca in programma dal 28 al 29 novembre. La lunghezza della maratona di lotta per l’accesso al bene comune, alla dignità per le donne e uomini nei paesi Last20 ci insegna l’utilità di cambio passo. Il solito menzionato “cambio di paradigma” richiede una pianificazione di concrete attività valorizzanti la quotidianità dei popoli localmente.
Anselme Bakudila
Delegato Last20 Repubblica Democratica del Congo
[1] Cinzia Scaffidi, Docente presso Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo; giornalista, scrittrice. Blog Ci leggiamo qua (https://blog.cinziascaffidi.com/)
[2] Tonino Perna, Professore emerito di sociologia economica presso l’Università degli studi di Messina, economista, sociologo e politico italiano, vicesindaco di Reggio Calabria dal 29 ottobre 2020
[3] Bruno Neri, Senior Programme Manager della Fondazione Terre des hommes Italia – ONLUS
[4] Dino Angelaccio, Direttore Laboratorio Accessibilità Universale dell’Università degli Studi di Siena. Esperto di accessibilità universale, progettazione inclusiva e multisensoriale.
[5] Domenico Rizzuto, Direttore (in pensione) presso CRA, l’attuale Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA)
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