Comunicazione
Via libera del Consiglio dei ministri ai decreti attuativi della riforma per l’editoria

Il Consiglio dei ministri, il 5 maggio scorso, su proposta del presidente Paolo Gentiloni e del ministro per lo Sport con delega all’Editoria, Luca Lotti, ha approvato un decreto legislativo che, in attuazione della legge 26 ottobre 2016, n. 198, prevede disposizioni per la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici. In intervento più che mai necessario per la sopravvivenza di tanti giornali, soprattutto locali, che garantiscono il pluralismo dell’informazione in Italia. Il decreto legislativo è stato approvato in attuazione della legge 198 del 2016 che istituiva un fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e dava deleghe al Governo per la ridefinizione, tra le altre cose, della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria. L’obiettivo del decreto è ridefinire il sistema dei contributi a quotidiani e periodici e ridefinire le misure per gli investimenti delle imprese editrici, l’innovazione del sistema distributivo e il finanziamento di progetti innovativi, di processi di ristrutturazione e di riorganizzazione. Prendendo atto della crisi del mercato editoriale, il decreto si propone quindi di assicurare il sostegno pubblico necessario all’informazione autonoma e indipendente. Il sostegno pubblico sarà indirizzato a giornali veri, editi da imprese che esercitano unicamente un’attività informativa. Più rigore ed equità, criteri da sempre invocati anche dalla Fisc, la Federazione dei settimanali diocesani italiani. Questa legge vede riconosciuto ai settimanali diocesani, in quanto giornali locali, un ruolo indiscutibile di garanzia della libertà d’informazione. Il fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale sarà alimentato con risorse statali già destinate al settore, ci sarà un contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria e il rimanente dalle maggiori entrate derivanti dal canone Rai. La novità più importante è che il contributo statale all’editoria non potrà più essere dato a giornali di partito. I criteri di calcolo dei contributi sono definiti in parte come rimborso di costi e in parte in base al numero di copie vendute. Viene riconosciuto anche un rimborso ai costi connessi all’edizione digitale in quanto potranno ricevere il finanziamento solo le imprese che pubblicheranno un’edizione digitale, oltre a quella cartacea, del loro periodico. Molti sono i limiti del contributo a seconda dei tre scaglioni riferiti al numero di copie realmente vendute. Strategica è l’introduzione di un limite massimo al contributo, che non potrà in ogni caso superare il 50% dei ricavi conseguiti nell’anno di riferimento. Nel decreto legislativo approvato dal Governo sono definite le nuove categorie d’imprese editoriali che possono chiedere il sostegno pubblico: tra queste oltre le cooperative giornalistiche, gli enti senza fini di lucro e imprese possedute interamente da enti senza fine di lucro, i quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche, le imprese e gli enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, le associazioni di consumatori, le imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero e le radio e tv locali. Dal provvedimento sono esclusi oltre ai giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate. Sono stati aggiunti alcuni requisiti che prima non erano previsti, come alcuni obblighi relativi ai contratti di lavoro dei dipendenti: per accedere al contributo bisogna avere giornalisti assunti. Parlando dei criteri di calcolo dei contributi: una parte viene dal rimborso di costi (personale, acquisto carta e stampa, distribuzione, abbonamenti ai notiziari di agenzie di stampa, costi connessi alla produzione dell’edizione digitale, etc.) e in parte in base al numero di copie vendute. Vengono riconosciuti in percentuale più alta i costi connessi all’edizione digitale, al fine di sostenere la transizione dalla carta al web.
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