Il Covid è stato e resta ancora una vera e propria bomba sociale che ha reso ancora più grave e profondo i problemi della solitudine, della disuguaglianza, della povertà economica ed educativa. Anche Papa Francesco al Te Deum del 31 dicembre 2021 aveva esordito così: “Questo tempo di pandemia ha accresciuto in tutto il mondo il senso di smarrimento”. Tante sono le famiglie che più di ieri sentono il peso della crisi economica, della difficoltà di arrivare a fine mese. Tanti sono i bambini e le bambine che hanno difficoltà a seguire le lezioni perché non hanno gli strumenti per la didattica a distanza e facilmente perdono le motivazioni e in alcuni casi scelgono l’abbandono scolastico. Mancando di opportunità educative extrascolastiche, motorie e ricreative si ritrovano soli in casa davanti al PC senza amici, sane competizioni e cooperazioni tra pari. Tanti sono gli anziani che vivono disagi di solitudine e mancanza di contatti umani perché il Covid ci ha reso più diffidenti nei confronti di tutti, a maggior ragione di coloro che la società definisce scarti sociali. La mascherina ci ha fatto dimenticare la sacralità del volto altrui. Tanti sono i giovani che vivono rifugiati nel virtuale ed hanno perso la bellezza di una sana vita relazionale e l’utopia del cambiamento. Tanti sono i ragazzi che sono rimasti orfani di madre a causa del fenomeno del femminicidio accresciuto in tempo di pandemia. Mentre aumenta anche il numero di giovani ed adulti che con il telefonino e il tablet si rifugiano nel virtuale, la Venerabile Rachelina Ambrosini con la sua breve ma intensa vita cristiana ci ricorda che l’amore è fatto di cose concrete, di piccoli gesti di solidarietà e di generosa carità. La parabola esistenziale del giglio dell’Irpinia ben si può spiegare con quell’espressione della Fratelli tutti (n. 88) che afferma il primato del farsi dono per gli altri per ritrovare sé stessi al meglio: «Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi «una specie di legge di “estasi”: uscire da sé stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere». Rachelina, con la sua testimonianza, ci mostra come questa crisi può trasformarsi in un’opportunità di prossimità, in un invito alla fraternità e all’amicizia sociale. La sua profonda unione con Dio la portava ad essere sensibile alle necessità dei fratelli. Ella era una amica sincera verso tutti specialmente verso le compagne che erano in difficoltà negli studi e cercava di prevenire i loro bisogni. Donava volentieri la sua merendina “nobile” alle compagne più disagiate con il sorriso e la gioia. Si faceva carico dei bisogni dei coloni che lavoravano in casa sua e giocava con i loro figli senza far pesare la sua posizione sociale privilegiata. Sensibile di cuore, felice di rendere felice gli altri, regalava ad una compagna del collegio di Bari un fazzoletto da lei ricamato. Un dono non altisonante o pieno di effetti speciali ma serio, puntuale e autentico. Con il suo stesso stile oggi la Fondazione Rachelina Ambrosini porta avanti la Causa di Beatificazione della Venerabile con la conoscenza della sua vita, la preghiera e le opere di bene. Sono tanti i progetti umanitari in Italia all’estero promossi dalla Fondazione in cui giovani e meno giovani perseguono azioni concrete atte a prendersi cura del prossimo in nome della solidarietà in modo concreto e autentico. Uno tra i tanti è il progetto: “Una vita tra le due dita”. Esso serve a capire concretamente che si può salvare una vita con due semplici ferri e un normale gomitolo di lana. Lavorando a maglia si possono confezionare dei cappellini per i bambini nati prematuri dell’Africa. Rachelina e la Fondazione ci insegnano che oltre ai lamenti c’è un modo alternativo di vivere la vita nelle sue difficoltà ed essere costruttori e artigiani di bontà e di solidarietà. Grazie Rachelina perché nella tua terra campana ed oltre hai fatto germogliare con la tua testimonianza uno spazio e un tessuto evangelico che ci fa uscire da noi e crescere in umanità.
Sr Francesca Caggiano
La Postulatrice
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