Le arti luogo d'incontro
La Divina Commedia bellezza della speranza
di Antonella Fusco
Nella giornata Dantedì celebriamo la bellezza della Divina Commedia: avvertimento di quel dinamismo che dal di dentro anima la vita, di quel motore invisibile che attiva il cammino della storia. Non si tratta di un dinamismo fine a se stesso, rivelazione di un continuo divenire, ma di una vitalità che testimonia, ad uno sguardo riflesso nella profondità dell’esistenza, l’eternità del principio, del Dio creatore. Prof. L. Rino Caputo, già ordinario di Letteratura italiana all’Università di Roma “Tor Vergata” ci illustri questo aspetto.
Dante è un credente, assume la sua fede come un riferimento fondamentale e serve precisare, ancora oggi, che la sua fede è incrollabile. Non possiamo prescindere dalla sua convinzione profonda, dobbiamo prendere atto che tutto in Dante discende da questa impostazione e quindi certamente “l’amor che move il sole e l’altre stelle” fa riferimento non solo al compimento del viaggio, ma anche dell’inizio. Possiamo comprendere questa sua dimensione all’interno del testo della Commedia poiché dappertutto c’è questa presenza divina che garantisce l’esperienza. Nei primi versi del I canto del Paradiso questa convinzione viene espressa in modo figurativo e realistico: “la gloria di Colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove”; tutto è ordinato ad unum, cioè è costruito in modo che possa configurare la gloria del Creatore all’interno di un grande universo piramidale dove ogni cosa è al suo posto, compresa la speciale Creatura del Creatore, che è essere umano, cioè l’insieme degli uomini, dell’umanità. Ecco che allora l’esperienza del viaggio raccontato nella Commedia vuole essere la conferma di questo percorso che è già iscritto nella fede di Dante.
È singolare che per tanti secoli Dante abbia potuto costituire anche materia di dibattito in termini di eresia nella Chiesa cattolica, non dimentichiamo che i suoi libri erano messi nell’ Index librorum prohibitorum, in particolare il “Monarchia” che metteva in discussione determinati assetti temporali della Chiesa cattolica ed è rimasto per questo motivo nell’indice dei libri proibiti fino agli anni venti del Novecento. Ciò spiega la durevole ambiguità dell’atteggiamento nei confronti di un autore e di un’opera, la Commedia, che sono invece applicazione piena del cristianesimo. La Chiesa si è accorta di ciò con grande lungimiranza nel 1921 quando Papa Benedetto XV emanò un suo documento in cui definiva Dante poeta perfettamente aderente alla religione cristiana. La consacrazione rinnovata dalla Chiesa nei confronti di Dante avviene con Papa Paolo VI che in modo esplicito, nel 1965, affermò che Dante è autenticamente cristiano, mettendo fine alle ambiguità. Possiamo confermare questa impostazione vedendo che l’intero percorso è una Imitatio Christi perché il percorso che il pellegrino, peccatore, penitente e poeta compie, non è altro che il movimento di Cristo sulla Terra.
Il viaggio di Dante, espressione del viaggio dell’uomo di tutti i tempi, è ricerca esistenziale che va oltre ciò che si vede, ma si sente. Un viaggio, dunque, affrontato con un sentimento profondo di attesa e desiderio di conoscere il mistero, per coglierne e assaporare la beatificazione.
Di conseguenza il viaggio di Dante è effettivamente il viaggio dell’uomo di tutti i tempi. Se ne sono accorti in particolare gli esegeti nordamericani della Commedia, in particolare Charles Singleton, che nota come in fondo Dante sia un “everyman” che compie le peripezie. Inoltre, l’autore è consapevole dell’eccezionalità della sua esperienza, ricordiamo che Dante compie il viaggio come persona viva rispetto agli spiriti senza più corpo.
Ma c’è un punto all’inizio per cui Dante mette in chiaro le condizioni del viaggio in cui Virgilio, che si è appena posto alla guida del viaggio, pone la domanda fondamentale, cioè: “Ma io perché venirvi? o chi ‘l concede? Io non Enea, io non Paulo sono” . Virgilio, infatti, aveva fatto solcare l’uscio dei morti ad Enea nell’Eneide e San Paolo ha fatto l’esperienza dell’Imitatio Christi. La caratteristica esemplare è espressa già nei primi versi della Commedia: “nel mezzo del cammin di nostra vita”, chi fa l’azione è l’everyman, un individuo che si trova nel mezzo del cammino della vita di tutti: l’esperienza è importante per sé ma è esemplare per tutti in quanto essa è salvifica. Questo elemento si vede chiaramente nella precisazione di quale sia il viaggio importante nel paragone con il viaggio di Ulisse nel XXVI canto dell’Inferno; Dante incontra Ulisse e Diomede, due fiammelle di un unico fuoco, ed i consiglieri fraudolenti. Chiede cosa sia successo ad Ulisse dopo essere tornato ad Itaca ed ecco allora che Ulisse racconta il suo viaggio, peraltro non registrato da nessuna parte ed è per questo che è interessante sapere come è arrivato a Dante ed infatti c’è un parallelismo con l’antica via fenicia percorsa dai mercanti bordeggiando le rive della penisola italiana, della Sardegna, della Corsica, delle Baleari, della Costa spagnola fino a Gibilterra. Il viaggio di Ulisse è definito da Dante un “folle volo”, la capacità umana di andare oltre, ma è “folle” perché non porta alla salvezza in quanto non è inserito nell’imperscrutabile progetto divino. Dante rappresenta il novello Ulisse che fa un viaggio inaspettato ma garantito dalla finalità salvifica. Un viaggio, dunque, affrontato con un sentimento profondo di attesa e desiderio di conoscere il mistero, per coglierne e assaporare la beatificazione.
sito promosso dall'Ufficio Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Benevento per favorire il dialogo e il confronto tra componenti sociali e realtà ecclesiali presenti sul territorio, per far emergere notizie buone e vere che contribuiscano all'edificazione del Regno di Dio.
